Ho appena chiuso l’ultima pagina di “la scomparsa della vetta più alta d’Italia”.
All’inizio ho fatto un po’ fatica. Sembrava un po’ astruso, poco scorrevole, insomma un libro che non ti coinvolge.
Poi ci sono entrata davvero dentro, senza riuscire a distrarmi più e ho viaggiato nel tempo, dentro a questo stile ottocentesco di descrivere persone, situazioni, paesaggi, pezzi di storia insomma, per arrivare alla fine a sfrugugnare nei sentimenti.
Un’immersione nel tempo e nello spazio in luoghi cari, storie note e mai vissute, personaggi un po’ mitici e un po’ no, ed è allora che diventano veri.
Complimenti agli autori: alla fine anche le due pagine su di loro sono un pezzo del romanzo.
La mia frase preferita a pag. 190: “la carta di quel tratto di valle è una lettera d’amore. Chi sarebbe tanto pazzo da non desiderare di riceverne una, almeno una volta nella vita?” non vi dico di più sarebbe spoiler.